“Entri la gente giusta” – Certosa di Serra San Bruno

Esistono luoghi in cui il silenzio diventa tangibile, uno stato del vivere.
Vi sono alcune persone che fanno di quei luoghi la loro dimora, un’esistenza dedicata alla preghiera.

Uno di questi luoghi è la Certosa di Serra San Bruno, in Calabria.
Le vicende della Certosa nascono con il desiderio continuo ed impellente di solitudine e nascondimento di San Bruno, detto il Brunone, nato a Colonia nel 1030. San Bruno, dopo una residenza a Reims, si trasferisce nel Delfinato, nella valle della “Cartusia” (da cui deriva l’italiano “Certosa” e il francese “Chartreuse“) alla ricerca della solitudine e della preghiera continua. Con pochi monaci, fonda la prima Certosa, nel 1084, nel silenzio dei boschi e delle montagne. San Bruno viene però richiamato a Roma, dove resta per qualche tempo, salvo poi sentire nuovamente forte la sua vocazione al deserto, alla vita interiore, alla pace.
Ottiene quindi un terreno dal conte Ruggero d’Altavilla, nelle terre denominate Torre ( ora Serra San Bruno) nella Calabria centro-meridionale. Non fu facile convincere la chiesa a lasciarlo andare dalle sue cariche (era stato nominato arcivescovo) ma la sua vocazione era tanto forte quanto inarrestabile.
Il silenzio il suo pane, la solitudine la sua unica compagna, una vita parca il suo essere.

La Certosa di Serra San Bruno vide la posa delle sue fondamenta nel 1094; pochi anni dopo, San Bruno là vi morì, nel 1101.
E’ in Italia una delle Certosa più attive; i monaci che possono accedervi hanno dai 20 ai 45 anni; passano dalla fase del noviziato a quella del monaco. A reggere la Certosa vi è il priore, eletto democraticamente dai monaci.
Fanno vita riservata, ognuno nella propria cella, isolata da mura dalle altre; ad ognuno spetta un compito, dal falegname al panettiere, dal sarto al rilegatore. Le ore passate al lavoro ritemprano il corpo poco abituato ai movimenti e permettono alla Certosa di bastare a se stessa. Il resto del tempo lo impiegano pregando, che è l’unico e vero motivo della loro scelta. La preghiera come veicolo universale d’amore, di aiuto; la preghiera come massima scelta d’amore e fedeltà.
I monaci trascorrono in maggior parte il loro tempo nelle loro celle; escono alle ore comandate dei vespri, richiamati dal suono delle campane. Mangiano, leggono, lavorano nelle loro celle. Non posseggono telefono, connessione internet, non hanno televisione. L’unico contatto con il mondo lo hanno da una copia dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire.
Non hanno contatti con il mondo esterno: fino a poco fa gli uomini potevano visitare la Certosa, ma ora l’ingresso è vietato. Solo così si può conservare il dono prezioso e raro della solitudine, senza invasioni, distrazioni.
Non ha mancanze il monaco, abbandona la sua vita passata e si dedica al poco, all’utile, rifuggendo il superfluo.
La domenica si pranza al refettorio insieme, pasti frugali, vegetariani. In periodo di Quaresima viene tolto anche latte, burro e formaggio.
Non è una vita di privazione e stenti: è una vita di liberazione.
Sono sereni i monaci, vivono il quotidiano giorno per giorno e finiscono i loro giorni in una tomba senza nome, terra alla terra ( per chi volesse leggere, ne ho parlato qui, nella Certosa di Calci)
Un giorno alla settimana vivono la spaziamento, una passeggiata nei boschi intorno alla Certosa, per rinvigorire il corpo. Un’uscita che permette loro di approfondire i rapporti, di conoscersi meglio.

Arrivano da ogni parte del mondo i monaci della Certosa di Serra San Bruno, uniti dalla fede.
Sono alla ricerca della pace e dell’amore e vengono accolti con rispetto, in accordo con le regole della Certosa.

Resto affascinata dalla vita dei Monasteri; più volte ho avuto modo di visitare l’Abbazia di Chiaravalle a Milano, l’Abbazia di Viboldone, il monastero di Bose. Vi è nel silenzio che si respira, un respiro del mondo, il respiro della storia, la vita dei santi, il loro percorso, le fatiche, la loro immensa umanità.

Della Certosa di Serra San Bruno sono venuta a conoscenza leggendo “Sulle strade del silenzio. Viaggio nei monasteri d’Italia e spaesati d’intorni” di Giorgio Boatti. Un libro che non smette di aprirmi nuove vie, nuove intenzioni. Ed è leggendo questo libro che ho trovato questo video “I solitari di Dio” di Enzo Romeo,  unica testimonianza attiva della vita dei monaci all’interno del monastero.
Una vita semplice, una vita vera. C’è chi, come l’autore, si chiede se non siano vite sprecate quelle dei monaci, dedite a sé e alla preghiera.
“Se la preghiera ha un profumo, noi pensiamo di spandere il suo profumo sulla terra tutta”, così spiegano di sé i monaci

E’ un scelta di vita, radicale, fondante; una scelta di profonda pace ed amore per sé: ecco che solo così si può essere pronti a donare amore incondizionatamente.

Chiara 

Qui il sito della Certosa di Serra San Bruno 

 

Solo un passaggio

Su questa terra siamo solo un passaggio.
Un passaggio che lascia segni  e testimonianze, ma pur sempre un passaggio.
Un passaggio che lascia affetti, rancori, decisioni, cambiamenti, ma pur sempre un passaggio.
Un passaggio che lascia ricchezze, tesori, debiti, case, opere d’arte, persuasioni, ma pur sempre un passaggio.
Di questo dovremmo imparare che mai la vita s’abbia ad essere centro di qualcosa o qualcuno. Transitiamo, non restiamo, entriamo e dopo un po’, usciamo. Per sempre.
Nessuno sconto a nessuno, nessuno che possa tornare, nessuna ricchezza accumulata che si possa conservare oltre.
Un passaggio appunto, anche se viviamo come se non finisse mai, se muoriamo che se non dovesse finire ma solo tornare, con mausolei, troni, tombe riccamente decorate, bare indistruttibili.

Teschio in pietra Certosa di Pisa ( Calci)

Teschio in pietra Certosa di Pisa ( Calci)

 

La Certosa di Pisa, in territorio di Calci, apre la mente verso altre strade, verso la semplicità dell’essere e sul non ritorno. Così dal 1366 anno della fondazione fino all’epoca della chiusura nel 1969.
Nel piccolo cimitero nel chiostro, 20 tombe a terra, nessun nome, una croce che vale per tutti.
10  tombe per i conversi, 10 tombe per i padri monaci di clausura.

Cimitero nel Chiostro della Certosa di Calci

Cimitero nel Chiostro della Certosa di Calci

I monaci e i conversi venivano sepolti avvolti in un telo e, a rotazione, i loro tumuli venivano abitati dai nuovi monaci deceduti. Se qualche ossa restava, veniva deposta ai piedi del nuovo defunto per proseguire il suo lento cammino al ritorno alla terra.
Tutti erano uguali, nessun fregio o distintivo: tutti terra e alla terra ritornati.
Nella semplicità.

La Certosa di Pisa, scorcio

La Certosa di Pisa, scorcio

Il chiostro

Il chiostro

 Chiara