Talvolta ti scordi

Talvolta ti scordi di quello spazio segreto dove riponevi le tue parole -disagio del cuore, sofferenze, bugie, essenze di meraviglia, scorni, battute, dolori inaspettati e altri cercati (stupida mossa l’amore)-

Talvolta ti scordi di quell’allegria che avevi, scaldava le giornate tiepide di sole, gironzolando intorno – un ballo, un’armonia, un letto d’orgasmo, un insieme che brucia (chi lo ricorda l’amore?)-

Talvolta ti scordi dei visi, quelli belli che facevano di te primavera, il rifiore del grano – un seme nel taschino, il vento bruciato sul viso, il soffione che vola, testarda disdetta del treno, quel viaggio mai fatto e quello da fare (dannato il desiderio d’amore)-

Talvolta ti scordi che qui costruivi parole (strangola la gola il riconoscere l’amore)

Oggi -qui- vorrei ritornare.

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“Sono tazza di te” -mancanze- tra le 14 tazze special guest!

Da quanti anni sto pensando alla tazza -Mancanze-?
Una tazza realizzata con l’arte Kintsugi che avesse dentro di sè tecnica e creatività, una sfida di tempo – ho impiegato più di 4 mesi per la sua creazione, dallo studio alla definitiva forma-, una sfida di incastro e geometria, di colori, piccoli dettagli e grandi campiture.
Da parecchi anni.
Ho accolto quindi con entusiasmo la chiamataSono tazza di te” di DcomeDesign:
“Sono tazza di te! dal 5 al 10 settembre in contemporanea con il Supersalone 2021 di Milano, a Casa Museo Boschi di Stefano, la splendida sede che ci ospiterà nella storica cornice del Laboratorio di Ceramica Marieda di Stefano.”

Sono tazza di te è stata l’occasione per cominciare a creare.

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-Mancanze- è una tazza realizzata con tecnica Kintsugi – Yobitsugi
Ho ricercato una base e su quella, con rotture mirate e ridefinite, ho creato la struttura seguendo la tecnica tradizionale giapponese: lacca urushi e farina per l’incollaggio, lacca urushi, tonoko e segatura di legno per le stuccature e i riempimenti, kuro urushi per l’impermeabilizzazione, lacca rossa bengara e polvere d’oro puro.

-Mancanze- Kintsugi Chiaraarte
Kintsugi tradizionale giapponese, lacca urushi e polvere d’oro puro – Yobitsugi –
Tazza in gres, cocci in ceramica.
Misure:diam 12 cm, H: 8 cm

Con grande piacere la mia tazza -mancanze- è stata scelta da Anty Pansera e Patrizia Sacchi tra le 14 tazze -special guest-, un onore unico e prezioso, anche e soprattutto perché la mia tazza, insieme alle altre 14, sarà battuta all’asta da Jean Blanchaert a favore della Fondazione Arché con l’obiettivo di organizzare e sviluppare un laboratorio di decorazione ceramica a cura dell’Associazione Impronte di Nova Milanese, per le donne supportate dalla Fondazione Arché, aperto al territorio.

“Mancanze” è una tazza che immagino da tempo: cocci di ceramica diversi tra loro uniti dalla lacca urushi, farina, polvere d’oro puro. La tecnica tradizionale si chiama Yobitsugi, una parola che significa mettere insieme, mescolare, unire.
“Mancanze” parla di quando perdiamo pezzi di noi e ci sentiamo persi. Di quando troviamo qualcuno affine a noi che ci colma e ci dona una nuova preziosa unicità.

Milano, 5-10 settembre 2021
Casa Museo Boschi di Stefano
Laboratorio di Ceramica di Marieda di Stefano
Via Giorgio Jan 15, Milano
Orari: dalle 10 alle 17.30
Ingresso libero

E brillo del mio oro, dove so di poterlo mettere.

Autunno, la pioggia incessante, il cielo grigio, i tempi incerti e spesso incomprensibili.
Un senso di intimo scoraggiamento sembra avvolgerci, come una nebbia fitta e imperscrutabile.
È questo il momento il cambiamento.
Nessuno ci ha detto che sarebbe stato facile, che le nostre libertà sarebbero state per sempre, che gli agi, le comodità, la “comfort zone” che ci siamo creati sarebbe stata immobile.

Lo sapevamo che prima o poi sarebbe successo qualcosa che ci avrebbe destabilizzato, magari non abbiamo immaginato che sarebbe accaduto a tutti, tutti insieme.
Ma è forse ancora di più questa la forza per darci il coraggio di spostare il nostro equilibrio, i nostri baricentri, per guardare oltre.
Per inventare qualcosa di nuovo, che potrà essere anche il nostro futuro – perché i cambiamenti ci portano avanti, mai indietro-
Io accetto questo tempo dove non ho possibilità di fare altrimenti, provo a cambiare dove posso, studio e mi informo dove non conosco.

E brillo del mio oro, dove so di poterlo mettere.

Kintsugi tradizionale giapponese.
Lacca urushi, polvere d’oro puro su piatto.
Tempo di realizzazione 1 mese e mezzo

I -miei- cocci

cocci-Pollica

Questa sono io, sono i miei cocci.
Sono partita per una meritata vacanza dopo mesi difficili, per me, per tutti, dieci giorni di mare, sole, passeggiate. Avevo cominciato a svuotare la mente -due giorni soli di vacanza possono fare miracoli- e ho ricevuto la telefonata di mio figlio, che vive lontano, che non vedevo da 8 mesi, con la rottura del perone, da operare.
Avrei dovuto essere io quella forte, fargli coraggio – l’ho fatto, di fuori l’ho fatto- ma dentro mi sono sentita precipitare e sono caduta a terra, in tanti cocci.
Le mie vacanze non sono mai semplici, non so se sia destino, non so come chiamarlo

-perdita documenti, Corsica
-macchina foto rubata, Genova
-tenda rotta, Barcellona
-macchina foto rubata, Toledo
-telefonata con mamma grave, rientro immediato
, Germania

Ogni anno al rientro a casa ci contiamo per vedere se ci siamo tutti, interi e sani
– colica renale, ricovero in ospedale, Francia
-ginocchio bloccato, pronto soccorso Peschici
-tenda bruciata, Francia

-portafoglio rubato, Lago di Garda

Ci concentriamo per divertirci, poi alla fine ne ridiamo sempre, ma anche i parenti si domandano al nostro rientro: “come è andata quest’anno?”

– macchina con sistema elettrico bruciato, Francia, vacanza senza contachilometri e tergicristallo.
-macchina rotta ferma in corsia di sorpasso a 130km, poi ripresa, poi ferma definitivamente il 15 agosto in una strada desolata a Bari.
– dito mignolo incastrato in un moschettone, lussazione e pronto soccorso, riabilitazione in vacanza, Francia
-rientro per problemi urgenti, Normandia

Quando è suonato il telefono ero a piedi in cima a una bella passeggiata a Pollica, da lontano il mare, in mano una fetta di pizza rossa…i cocci sono caduti, li ho sparpagliati lontano.

Mio figlio è stato operato a Dubai e due giorni fa è rientrato a casa. Sta bene, è giovane e guarirà in fretta per tornare al più presto a fare quello che ama.
I miei cocci sono ancora sparsi, sono tutti diversi, sono i pezzi di questi anni passati e superati, ogni volta con maggiore fatica e consapevolezza che il tempo è uno solo e che l’imprevisto è dietro a ogni angolo, nascosto.
I miei cocci hanno bisogno di cura. Prima ancora della ricostruzione, di cura.
Sarà il kintsugi la mia cura.
Saprò anche questa volta saldarmi forte, ora che dentro sono un vetro in frantumi.



Giovanna Belloni

MOSTRA “KINTSUGI, LA METAFORA DELLA VITA”
In questi anni ho conosciuto molti artisti, scrittori, psicologi, che hanno interpretato l’arte Kintsugi seguendo il filo non solo artistico ma soprattutto quello della metafora. In questi momenti di incertezza voglio condividere con voi le loro storie. Ho quindi creato una mostra virtuale dove potrete ammirare opere, ascoltare le loro storie, dialogare in un percorso immaginario fatto di bellezza, di dolore anche e di luce.
Vedi tutti gli artisti QUI

“Ho scoperto l’arte e la filosofia del Kintsugi per caso parecchi anni fa leggendo un articolo, mi ha colpito e ho salvato una cartella sul mio computer. Nel 2018 ho voluto creare il primo progetto completamente realizzato da me di Teatro-danza e volevo che parlasse di qualcosa di importante per me così ho pensato di parlare del Kintsugi e di parlarne in danza.

Ho passato parecchi momenti difficili nella mia vita ed è stato però dopo che ho avuto un serio problema al cuore che mi ha portato a dover aver impiantato un pacemaker che ho pensato di non farcela, di non poter piu vivere una vita “normale”, di non poter più danzare. Allora ho riflettuto sulla resilienza, sulla mia capacità di ricostruirmi con le nuove caratteristiche del mio corpo e mi sono ricostruita un nuovo modo di danzare e un nuovo modo di vivere.

Per me il kintsugi è un nuovo sguardo dentro di noi, una voce che ci sprona a essere quello che siamo e non nascondere le nostre fragilità perché sono proprio le nostre fragilità e la nostra imperfezione che ci hanno resi più preziosi e ci hanno dato una nuova visione di noi e del mondo.

Il mio progetto è di usare la mia arte (che sia danza o recitazione o musica) per aiutare le persone. Portare la filosofia del Kintsugi attraverso l’arte negli ospedali, nelle associazioni Onlus e a tutte le categorie di persone che hanno sofferto e ancora soffrono per aiutarli ad avere fiducia in se stessi, ricostruirsi e vedere l’oro che c’è in loro.

Ho fondato per questo la mia associazione “Costruire” per offrire il mio aiuto e poter raggiungere il cuore di tante persone.”

Giovanna

Hai una storia Kintsugi e vuoi partecipare alla mostra virtuale? Inviami una mail a info@chiaraarte.it

Raccolta fondi: obiettivo Everest 2020

Ho conosciuto Andrea un anno fa, ho incontrato la sua storia e la sua limpida forza. Il suo coraggio. E la determinazione.

Ci sono raccolte fondi che si perdono in rivoli di malafede. Andrea no, Andrea è una persona di fiducia, so che quello che chiede è per realizzare un sogno, un sogno che è di tutti.
Diamogli una mano, con la sua forza porterà anche noi sul tetto del mondo!

Il restauro della ceramica, dove siamo arrivati: integrazione delle lacune.

Venerdì 29 novembre ho partecipato al Convegno sul Restauro della Ceramica, organizzato dal Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. Ci voleva, dopo tanti anni, una giornata di studio e confronto per i restauratori di un’arte, la ceramica, chiamata impropriamente -arte minore-.
Dico impropriamente perché chi volesse dedicare una giornata a visitare il MIC con i suoi 16000mq di esposizione capirebbe quanto poco sia -minore- e quanto invece sia ARTE.
La giornata è stata davvero interessante, il confronto è stato anche serrato e dibattuto, sui materiali, tecniche, modalità: nuovi e vecchi restauratori, a dire il vero la maggior parte donne, hanno messo a disposizione le proprie conoscenze.
Uno degli argomenti che mi affascina da sempre è l’integrazione della lacuna. Nel restauro estetico antiquariale la lacuna viene ripristinata in maniera completamente identica all’originale.

Tulipaniera Savona, restauro Chiaraarte

Nel restauro conservativo ci troviamo di fronte a svariate metodologie, nessuna migliore di altre, nessuna peggiore; conta la sensibilità del restauratore perché non esiste una vera linea guida.

INTEGRAZIONE NEUTRA
La mancanza della ceramica è colmata ricostruendo in toto la forma e integrata con colore neutro uniforme. Si evidenzia la ricostruzione del disegno dell’orlo perché esistente e facilmente riproponibile. Anni fa questa integrazione veniva fatta color terracotta, sottosquadro, a rappresentare la terracotta sottostante su cui era persa la vetrina.

MIC Faenza

INTEGRAZIONE A CAMPITURE COLORATE – INTERE O A PUNTINATO

Anche in questo caso la ceramica viene ricostruita in toto nella forma; la decorazione, sebbene possa essere riconducibile a disegni rimasti, viene colmata pittoricamente con il colore predominante della base. Due sono le possibilità: stesura pittorica omogena e, come nella foto, stesura pittorica del colore di base raggiunto per selezione cromatica a puntini. Questo secondo effetto è meno impattante sull’oggetto, l’integrazione è visibile senza però ricreare un falso.
La lacuna può anche essere ridipinta a spruzzo con colori sovrapposti laddove mancano dettagli precisi della decorazione.

MIC Faenza

INTEGRAZIONE CON RIDIPINTURA DISEGNO ORIGINALE SOTTOTONO

Questo restauro prevede la ricostruzione in toto della parte mancante della ceramica. Tale parte, seguendo il disegno ripetitivo presente, viene ridipinta con colori sottotono andando così a ricreare una omogenetià di lettura dell’opera senza alterazioni.

MIC Faenza

Vi ho presentato alcune delle possibili integrazioni delle lacune in ceramica dal punto di vista pittorico; tanto ci sarebbe da parlare sui materiali utilizzati e per ricostruire le forme e sui colori utilizzati.
Sono argomenti aperti, in divenire, dove ogni museo, restauratore, adotta secondo i propri studi.
Perché è vero che La Teoria del Restauro di Cesare Brandi è stata lo spartiacque tra quello che c’era prima, confuso e spesso deleterio e quello che c’è ora, ma vero è anche che quella teoria è stata scritta nel 1963 e tante cose sono cambiate, atteggiamenti, richieste, materiali.

Vuole quindi questo breve testo essere uno spunto per una riflessione più ampia su come ogni restauratore integra le lacune, quali materiali e modalità, perché è da ogni condivisione che si può ottenere una buona crescita.

Di un testo che non dice nulla e tutto. Dentro.

Il fatto è che io resto qua e osservo. Voglio dire, non che non agisco, anzi, per agire agisco parecchio, ma nel mentre osservo. Osservo da molti anni, tanto che mi si è aguzzata la vista, una sorta di superpotere, vedo attraverso. Vedo dentro. Questa cosa, a dire il vero, tutto subito mi ha messo in imbarazzo, non lo credevo possibile. Vederti dentro intendo. Facevo fatica a spostare la tenda ed entrare, chiedevo sempre permesso non senza prima aver aspettato fuori per ore. Salvo andarmene prima che tu rispondessi. Da dentro voglio dire. Mentre io ero fuori. Per dire, una specie di impossibilità di comunicare, come quella cosa dei social che dicono nei quali si scrive solo ma non si legge e ci si incanta dietro al vetro blu che emana luce. E tanto altro.
Ma dicevo del dentro. Del fatto che vedo dentro. Dopo un po’, intendo dopo aver capito che era una specie di dono, ho deciso di guardare. E dopo aver visto, ho cominciato a dire quello che vedevo. Non che fosse facile, non lo è nemmeno ora che hai capito cosa so fare, però lo facevo. Lo faccio anche ora, vedo e dico. Dico e si avvera. E restiamo insolitamente scioccati. Ogni volta. Ogni maledetta, benedetta volta. Che io sappia vedere è strano, ci vorrebbe un medico, forse, o una magia, o chissà, ma c’è qualcosa, lo so, un filo di corrente, spero non malvagia, non lo è, un qualcosa che mi fa vedere ciò che sei mentre lo sono anch’io.
Potrei dire anime gemelle, beh, ora dopo tutto quello che è successo potrei dirlo ma non è proprio così. Sono due entità che viaggiano su un piano che si muove a diverse lunghezze d’onda e un’onda influenza l’altra e poi ancora e poi ancora. Un mare. Immagina un mare e due corpi che galleggiano e smuovono le piccole gocce. Una dopo l’altra.
Credo si tratti di un dono. Vedere dentro, lo dicevo prima. O forse credo che sia il donarsi.
Sì, il donarsi.
Quanto durerà? E che importa, conta sia ora no?

Con te

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Pensavo ti avrei dimenticato nel fondo di un bicchiere di vino, tra le carte stropicciate da occhi carichi di pianto, nel rotolarsi ansioso delle mie notti solitarie e insonni.
Non si arrotonda un cubo, non si liscia un gramo, sciocca a credere che non fosse destino: lo è.

Delicata e forte, così, come me.

Spesso taccio, sempre più spesso scompaio anche da qui.
Non nascondo le emozioni -sembrerebbe- le proteggo.
In un mondo confuso, violento, sciocco, ignorante  non voglio sporcare la mia voce; in un mondo che non sa stare nella corsia lenta in autostrada quando il traffico è libero per una presunta sensazione di inferiorità, non riesco a vivere comodamente.
In mezzo a razzisti, a omofobi, ad analfabeti funzionali e non, in mezzo alla saccenza, alla presunzione, all’invidia, non respiro, non riesco ad allungare le braccia e le gambe, scomoda come in un teatro piccolo, tra le poltrone schiacchiate contro il muro. In un mondo in maiuscolo io torno ad essere in corsivo.

Taccio, perché taccio? Faccio silenzio perché il muro della vergogna di un mondo troppo spesso indecente, cadendo, mi ha sepolto. Viva, senza fiato, sepolta sotto un peso che non riesco a sopportare, taccio.

Ma tacere non significa non vivere.
Tacere è fonte di spirito creativo, il silenzio spesso genera amore quando si coltiva come una rosa rossa.
Delicata e forte.
Come me.