Laetitita Ricci

L’arte in ogni cosa, l’arte dove c’è imperfezione.
L’arte che è incontro, condivisione, solitudine, riflessione.
Oggi nella mostra “Kintsugi, la metafora della vita” presento Laetitia Ricci che ha intuito da una imperfezione la perfezione della metafora Kintsugi
https://www.instagram.com/laetitiaric/

Laetitia Ricci

Il destino mi ha fatto incontrare l’arte del Kintsugi.

Andando al Museo d’arte e scienza di Milano mi sono trovata casualmente faccia a faccia con un vaso bianco con delle cuciture d’oro. Affascinata ne ho parlato con la restauratrice del Museo che mi ha gentilmente spiegato accuratamente come lo avesse restaurato e mi ha raccontato del Kinstugi; era la prima volta che ne sentivo parlare. Ne fui molto colpita e andai a fare qualche ricerca.

Dopo aver fatto una mostra personale di fotografia in bianco e nero al Museo d’arte e scienza lascio le mie foto nel mio box però purtroppo presero umidità. Istintivamente iniziai a buttarle poi mi venne l’idea di utilizzare la filosofia del Kintsugi, non potendo usufruire della tecnica tradizionale. Per prova strappo una foto e nello strappare provo a dare un senso armonioso e farne una storia di eleganza. Essendo anche un’amante del puzzle ho pensato che tutti questi pezzi dovessero rinascere insieme in armonia.

Penso che il Kinstugi sia una forma di meditazione, una pace interiore come una sarta che cuce un abito prezioso o un chirurgo che chiude una ferita con del filo d’oro e sembra che il tempo sia sospeso. Ti regala una magia intima.



La mia mostra fotografica raccontava di Milano. Oggi, 15 aprile 2020, siamo costretti in quarantena da un po’ di tempo quindi ho pensato che attraverso le mie foto potevo prendermi cura di Milano; cosi ho preso la mia fotografia preferita del Duomo e ho iniziato questo percorso di guarigione. L’ho applicato anche all’Arco della pace e alla Torre Filarete del Castello Sforzesco. Desidererei proseguire questo progetto fotografando altri monumenti simbolici di ogni capitale nel mondo intero e anche luoghi di culto. Utilizzando i nostri errori, i nostri fallimenti, le nostre fragilità, le nostre ferite possiamo ricostruire insieme e fare nascere una società degna di questo pianeta.

La sincronicità mi ha fatto scoprire Chiara Lorenzetti ed eccomi qui.

Le sono molto grata nell’avermi dedicato una parte del suo preziosissimo tempo.

Un caro saluto

Laetitia

hai una storia Kintsugi da raccontare? Scrivimi a info@chiaraarte.it –

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Dany Preyer

MOSTRA “KINTSUGI, LA METAFORA DELLA VITA”
In questi anni ho conosciuto molti artisti, scrittori, psicologi, che hanno interpretato l’arte Kintsugi seguendo il filo non solo artistico ma soprattutto quello della metafora. In questi momenti di incertezza voglio condividere con voi le loro storie. Ho quindi creato una mostra virtuale dove potrete ammirare opere, ascoltare le loro storie, dialogare in un percorso immaginario fatto di bellezza, di dolore anche e di luce.
Vedi tutti gli artisti QUI

“Ho iniziato il mio percorso artistico come ceramista a Ravenna ed è in questo contesto che ho scoperto l’affascinante arte del Kintsugi, mentre ho avuto modo di approfondire, moltissimi anni dopo, sulla mia pelle, quando ormai le cicatrici erano profonde e indelebili, in questi anni, ormai diventata fotografa, ho approfondito la parte essenziale, filosofica del Kintsugi incorporandolo nelle mie fotografie. Era diventato parte del mio percorso artistico,. A causa di un periodo devastante in cui fotografare era diventato un rituale antidepressivo, ogni mattina uscivo di casa, con la mia macchina fotografica e le mie cicatrici, scattavo e incorporavo sottili linee dorate, impreziosivo le mie sofferenze per non arrivare a fine giornata e dover dire che sarebbe stata l’ennesima giornata sprecata.
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Hai una storia Kintsugi e vuoi partecipare alla mostra virtuale? Inviami una mail a info@chiaraarte.it

dal blog della Rete Al Femminile di Biella:” Chiara e Giulia: ci vuole anima e umiltà”

Oggi, sul blog della Rete al Femminile di Biella, la leader Marie Louise Denti, racconta di una bella e serena mattina passata insieme a raccontarci progetti, idee, sogni, scorci di passato e realizzazioni
Giulia Chiaberge è ceramista, Gioia di Biagio artista, scrittrice, io restauratrice di ceramica e arte Kintsugi.
Quella raccontata nel blog è la storia di un ciondolo che parla di noi tre, delle nostre fragilità e di quello che stiamo imparando dalla vita. A non arrenderci, a non mollare mai, a resistere insieme, unite.

Se volete leggerla tutta, qui il link al post:Chiara e Giulia: ci vuole anima e umiltà” di Marie Louise Denti 

 

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Quante nuove vite ha l’arte Kintsugi

L’arte Kintsugi, ovvero l’arte giapponese di riparare con l’oro le ceramiche, non è solo una tecnica, ma anche un’importante metafora di vita.
In questo anno sto assistendo ad un incremento di utilizzi del concetto Kintsugi su vari supporti fisici e psicologici: l’arte non viene quindi più usata solo nel suo primario utilizzo, ovvero il restauro della ceramica.

La mia attività di restauratrice ed esperta in questa arte -dopo anni di studio e approfondimenti fino al viaggio in Giappone dove ho incontrato maestri con cui ho potuto lavorare e dialogare- viaggia non solo nelle mie ceramiche e nei miei corsi, ma anche, e soprattutto, nel web.
Questo viaggio fa arrivare la mia arte e la mia persona in ogni parte del mondo e mi rimanda contatti e suggestioni: ricevo infatti quasi ogni giorno messaggi di persone che vogliono raccontarmi le loro esperienze, chiedono consigli, suggerimenti, o solo ringraziano per quello che faccio. O solo scrivono “belle”, così, senza lasciare altra traccia di sè. E va bene così.

Oggi vorrei raccontarvi di Giovanna Belloni, architetto, ballerina, che nel mese di Marzo ha messo in scena a Milano lo spettacolo di danza “Kintsugi, oro nelle cicatrici” 

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“Ispirato alla medesima filosofia, lo spettacolo di Belloni vuole mostrare come una ferita e un dolore possano significare rinascita e nuova bellezza, e lo fa attraverso la danza, accompagnata dalla musica dal vivo della violista Elizondo. L’opera racconta in tre quadri le diverse tematiche esistenziali: il senso di abbandono, incomprensione ed emarginazione, l’Alzheimer e le fratture fisiche e dell’anima, l’invecchiamento del corpo e il suo continuo riadattarsi alla diverse fasi della vita. Sullo sfondo una scenografia suggestiva e di forte impatto, che interpreta attraverso effetti luminosi la fusione dell’oro liquido e la ricostruzione e cicatrizzazione delle ferite più profonde.” Tratto da Giornale della danza 

E vorrei raccontarvi di Raffaella Castagnoli, fotografa, che con la sua opera “Kintsugi” ha vinto il 3° Portfolio sul Po, tappa conclusiva di “Portfolio Italia 2018 – Gran Premio LUMIX”. L’autrice fotografa il sottobosco toscano mettendo in evidenza i rifiuti lasciati dall’uomo, contornandoli con la polvere d’oro.

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“L’Autrice ha creato un lavoro concettuale che affronta le problematiche relative alla riparazione delle ferite inferte alla natura dalla poca cura dell’uomo. La natura contaminata diventa stampa e, ferita a sua volta, viene recuperata e impreziosita ispirandosi a una antica tecnica tradizionale giapponese, l’arte del “Kintsugi”.Tratto da art-vibes

Tutto nasce da qui, dalle ceramiche, dalle loro rotture. Una fragilità fisica che viene portata sulle fragilità umane. (nella foto una mia ceramica Kintsugi, foto Fabio Bastante)

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Una mia ceramica Kintsugi, foto Fabio Bastante

E voi, cosa ne pensate di queste contaminazioni?
Avete un vostro personale Kintsugi da raccontare?

 

 

Uno spicchio di cielo

Vaso Kint doratura finito

È uno spicchio di cielo, il luminoso ardire di declivi assolati, la pietra d’angolo della nostra relazione. È un graffito al muro, la pittura d’oro dell’amanuense, lo scrivere fitto della notte solcato da un sogno improvviso, le tue mani sulle mie, lo scendere ripido della montagna, il nero della pece, il segno che lasci tu.

È un lavoro che arricchisce l’arte Kintsugi, mi porta a conoscere ceramisti e le loro vite narrate attraverso la terra e le loro mani. Amo la mia passione, incontro il cielo e ne invento storie meravigliose.
Chiara 

Vaso in ceramica di Ptičkart – Ars Vascellari
Rottura, opera Kintsugi di Chiara Lorenzetti, Chiarartè

 

Certe perfezioni

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Winter Wineyard. Le Langhe. Piemonte -Roberto Pellegrino

Certe perfezioni meritano il silenzio per perdersi dentro.

Il Mio Giappone, un esperimento per vedermi da fuori.

Ieri sera alla galleria MADE4Art a Milano, via Voghera 14, c’è stata l’inaugurazione della mostra “Il Mio Giappone” di Guido Alimento a cui ho affiancato alcune delle mie opere Kintsugi (la mostra resterà aperta fino al 26 marzo, qui trovate i dettagli)

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È stata per me una nuova avventura, una prima di spero tante mostre, la prima dedicata all’arte Kintsugi in Italia. C’era emozione, entusiasmo, passione, tensione, stanchezza, curiosità. E c’ero principalmente io.
Vista da dentro so come sono, mi conosco bene dopo 51 anni di convivenza, ma da fuori come sono?
Come spesso accade, il vernissage è stato fotografato e così oggi mi guardo, da fuori. 

Gesticolo, tanto, non sto mai ferma con le mani. Non indico degli oggetti reali, disegno i miei pensieri. A caso, ma li disegno. Qui sono con Fiorenza, allieva del primo corso di Kintsugi tradizionale giapponese che ho tenuto a Milano il mese scorso (qui la storia ) 
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Non sto ferma nemmeno con le gambe. Lo so, mi giustifico con il fatto che ho male al ginocchio destro, che spero presto potrà avere la protesi che si merita per anzianità e scadenza di utilizzo, ma questa posa da guerriero ninja non si confà a una signora. Sto raccontando le mie ceramiche, sembra che sia pronta per partire!

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Tengo le mani in tasca. Non si fa, so anche questo, ma devo ammettere che nel mentre ero in piedi mi è preso un dolore fortissimo, come un tiranervi al braccio e l’unica posizione possibile prima di cedere al grido era di mettere la mano in tasca così da riposare la spalla.
Tutte scuse? Forse, un po’ no, ma le mani in tasca non mi sono proprio piaciute.E chissà cosa ha pensato la gente.

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Come ci proponiamo agli altri è molto importante, perché è vero che siamo noi, ma è anche vero che chi non ci conosce e non ha modo di farlo, può apprendere solo dagli attimi in cui vede. E rendere il nostro meglio è forse il modo per arrivare non solo ai pensieri ma anche al cuore delle persone.

Così, anche con un sorriso semplice e naturale. Guido Alimento e io.

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E voi vi guardate mai da fuori? 

Ps: ieri sera ho scritto due righe di pensieri che avrebbero potuto diventare un post e, invece di finire in bozze, li ho pubblicati. Chiedo scusa per chi ha creduto che fosse un post vero e grazie per i like -8- credo solo sulla fiducia 🙂

L’amore dorato

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Quando ho iniziato a lavorare con l’arte Kintsugi amavo la tecnica. Ora ho capito che non è solo una tecnica, va oltre, oltre all’arte. Ha un messaggio forte, che tocca le corde profonde di noi.
Non so spiegarlo, lo spiegate bene tutti voi che amate i miei lavori, che li apprezzate e che comprendete l’amore che metto.
Lo stesso che arriva a voi.
L’amore che permette di vedere l’oro dove la maggior parte della gente vede le ferite.

Il mio Kintsugi, le immagini da condividere.

Questa è l’immagine più conosciuta quando si digita kintsugi su google. Viene usata abbinata a frasi che riguardano le nostre ferite, la loro preziosità e cura, così come l’arte kintsugi fa con le ceramiche e l’oro.

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Non so dire di chi sia questa ceramica, non c’è traccia dell’autore. Resta comunque l’immagine più usata.

Sapete com’è, alle volte vengono idee strane e visto che ormai l’arte kintsugi è entrata prepotentemente nella mia vita lavorativa, ho pensato: “Cosa rende un’immagine virale? C’è modo di far usare le mie ceramiche kintsugi per raccontare delle storie?”

Ed ecco l’idea, piccola ma pretenziosa.

Queste sono alcune delle mie ceramiche kintsugi, ad alcune ho aggiunto le mie parole, altre sono solo immagini.

Possono essere condivise, usate, si possono aggiungere scritte, disegni.
Sono senza copyright, puoi cliccarci sopra (tasto destro, salva immagine) e poi scaricarla. 

Mi piacerebbe che restasse la scritta Kintsugi Chiarartè, sarebbe bello si risalisse a me. Se così non fosse, ogni immagine ha un nome, ecco, magari quello sarebbe bello restasse.

Per il resto, che sia gioco, provocazione, che sia illusione, divertimento, se vi piacciono, usatele, vediamo cosa succede. E se succede, sarà anche merito vostro. 

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Il barone Wilhelm von Gloden a Taormina: storie di nudo e bellezza.

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Foto Wilhelm von Gloden

L’Italia meridionale, dalla fine del 1800, diventa la meta preferita di giovani artisti del nord Europa, attratti dal clima, dal mare e dalla cultura radicata in ogni angolo.
Spesso erano afflitti da tubercolosi e approfittavano del mite clima invernale per curarsi. Avevano discrete disponibilità economiche e spesso non tornavano a casa ma restavano nei luoghi prescelti, Calabria, Campania e Sicilia. Il viaggio veniva chiamato Gran Tour (ne ho scritto qui Escher e il Gran Tour in Calabria

Wilhelm von Gloden, Wismar 1856- Taormina 1931, pittore mancato e fotografo tedesco, affetto da tubercolosi, viene invitato dal pittore Geleng a Taormina, dove risiede.
È il 1878 e da allora fino alla sua morte nel 1931, a parte un breve pausa dal 1915 al 1918 per la Guerra, resterà a Taormina.
Ebbe grande parte nella documentazione fotografica del devastante terremoto a Messina del 1908 ma è maggiormente conosciuto per i suoi ritratti di giovani pastori nudi, collocati in ambientazioni classiche. Le sue foto sono ispirate all’antica Grecia, una sorta di Arcadia romantica.  Attenta è la cura dell’illuminazione, la posa dei modelli che venivano cosparsi di una lozione di  latte, olio di oliva e glicerina per nascondere le imperfezioni della pelle. Innovativo l’uso di filtri e lenti.

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Si dice che Wilhelm von Gloeden non oltrepassò mai il limite della decenza, che non furono trovate fotografie esplicitamente erotiche, fu sempre molto attento a rispettare il luogo che lo ospitava; fu da traino per intellettuali omosessuali, quali Oscar Wilde ma non si hanno notizie di atteggiamenti licenziosi.

Quello che ricercava Wilhelm era la bellezza acerba dei giovani corpi, il richiamo classico nelle pose e nella scenografia, un tocco di poesia profonda tra le pieghe del corpo umano. E sullo sfondo l’intatto incanto di Taormina. 

Informazioni utili
Wilhelm von Gloeden, Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_von_Gloeden
Taormina http://www.comune.taormina.me.it/