Wabi-sabi è la visione estetica del mondo giapponese; deriva dalla fusione di wabi -solitudine, tristezza, malinconia- e sabi -freddo, povero-. Negli anni il concetto si è evoluto ed è passato da una connotazione negativa di triste solitudine, a un concetto positivo di bellezza imperfetta.
La visione wabi-sabi racconta la caducità, l’impermanenza, l’imperfezione degli oggetti: se un’opera d’arte o un’espressione artistica o un momento della natura riescono a suscitare in noi sentimenti di profonda commozione e serena malinconia, allora hanno raggiunto la perfezione del wabi-sabi, una bellezza triste e malinconica, racchiusa in sè.
Lo stile è rustico, corrispondente alla semplicità della natura, una freschezza e linearità che si ripercuote in ogni sensazione. Non c’è ricercatezza né perfezione, quanto accettazione dell’unicità e dei difetti, senza alterazione o nascondimento. Fare propria la visione wabi-sabi comporta una serenità interiore, l’accettazione del sé e dell’altro, l’invisibile manifesto in ogni cosa.
che meraviglia di semplicità,raffinatezza e oserei dire di intensità.. 🙂
Una semplicità intensa, ecco un’altra definizione di wabi-sabi 🙂 E non è solo arte, quanto un vero stile di vita.
Come lo sbocciare di un fiore o la prima emozione d’amore…tanto più ne avvertiamo la precarietà tanto più intensa sarà l’emozione di bellezza… Forse dovremmo guardare anche la caducità della nostra vita con la lieve intensità di questa fiorita esperienza estetica giapponese.
E così verrebbe normale praticare il rispetto.
certo! Inteso secondo il tuo bel post ogni atto di ingiuria al miracoloso istante della nostra vita precaria ucciderebbe il fragile fiore della bellezza.
Se l’essere umano imparasse a farlo, molti orrori del mondo sarebbero risparmiati. Ma temo sia impossibile, perché non è nella natura dell’uomo la pace, quanto la lotta per la sopravvivenza. La serenità è uno stato d’animo che si conquista, non naturale.
temo e so che hai perfettamente ragione, Chiara
Però si può imparare, se si vuole, la serenità e la pace sono due discipline profonde dell’animo. E una volta imparate, contagiano ogni parte di noi.
Si, è un cammino lingo e virtuoso.
mi piace molto. è una bellezza per me inarrivabile, perché comporta la delicatezza dell’accettazione del fragile, o il quieto controllo di essa, difficilissimo, doppiamente ne sono incantata.
La fragilità è un bene che merita attenzione. Viene ormai presentato come un difetto, una squalifica, mentre invece è un valore aggiunto, una caratteristica che rende unici.
Incantata dalla fragilità, ecco, lo sono anch’io.
A volte una parola, due…racchiudono un mondo; un grande immenso mondo per definire la bellezza di un vivere armonico.
Piaciuto moltissimo questo post 🙂
ciao
.marta
È vero, la semplicità è spesso bellezza. Sono contenta ti sia piaciuto; sto studiando un piccola parte dell’arte giapponese ed è ricca di filosofia e religione.
Ciao 🙂
Non ho fb e credo che dietro a uno schermo anche declinando nome e cognome ci si senta più forti e volgari(quando lo si è) perchè cmq tutto è fisicamente lontano.
Quanto a Golino ho scritto qlc e credo cmq sia una brutta cantonata dei nostri egregi governanti…
sherabuonadomenica
Sì, probabilmente l’anonimato dietro alla tastiera aiuta, ma ultimamente chi odia nei social mette il proprio nome e cognome. Ho come l’impressione che dietro alla tastiera ci si dimentichi che è realtà, virtuale o non, realtà.
Buona domenica anche a te.
Diciamo la stessa cosa anche con nome e cognome la distanza fisica fa da scudo…
secondo me più che uno scudo lo vedo più come incapacità di comprendere che quello che si scrive è reale e lo possono leggere tutti.
Anche se dopo lo si cancella, lo screenshot non perdona.
Facile a dirsi…
Non lo è stato. Ho dovuto esprimere un concetto molto complesso e davvero difficile da raccontare in poche semplici righe 🙂
Comunque sì, difficile da attuare nella propria vita ma non impossibile, un pezzo alla volta.